Appunti scritti mesi fa, nei momenti peggiori anche se, i momenti peggiori per me…
Non finiranno mai.
Una luce funesta e umida presagiva pioggia e stanchezza, un sentimento simile all’odio ma più malvagio e meno costruttivo.
Nella mia testa ogni pensiero diventa doloroso non appena sfiora le pareti interne del cranio, quello è l’attimo in cui il pensiero diventa o può diventare fisico, quindi reale e…
Non, non potrò mai accettare come reali certi pensieri.
Così gli annullo, li blocco prima che vadano a colpire il materiale osseo e cerco di fare un respiro profondo ma, qualche volta…
Un moto di rabbia mi costringe a dare un pugno al muro e urlare o trattenere il grido e, in quel caso, prendo a pugni il pavimento.
Cosa spinge una persona a comportarsi così? Con quale mangime scadente nutre la propria fantasia? Forse il senso d’inferiorità, probabilmente la voglia di competere ancora e con la certezza di vincere con un fratello di cui era, soprattutto, un estraneo.
Marco non amava le gare e questa è una delle grandi cose che abbiamo in comune.
Voglio concedermi il lusso di usare ancora il presente e di dire che fare le gare, in qualsiasi ambito, ci annoiava e mi fa passare. La voglia di vivere quasi quanto le ingiustizie in cui siamo stati immersi.
Come poter ricostruire, dare vita a una cronaca di tanti momenti che ho vissuto e non avrei voluto vivere, nonostante alcuni mi abbiano regalato un batticuore felice o vagamente felice.
Tagliamo fuori i mostri e gli attimi in cui sono caduta per prendere a pugni il pavimento…
Prendiamo solo i momenti in cui non mi sono sentita sola, ma compresa.
Eppure, anche così, mentre guardo il soffice foglio bianco su cui scorre la severa penna nera, anche così la fiaba si è trasformata in incubo, il lieto fine non esiste, la fine non può essere lieta.
Lo sapevamo, di morte parlavamo spesso ma la vita la volevamo ancora vivere e, Marco aveva deciso che… non voleva vivere senza di me. E volevamo e dovevamo provocarla, sopportarla e stravolgerla quell’esistenza che ci è stata rubata in modo tanto cinico e plateale.
Insieme avevamo ancora tanto da dire e anche i silenzi, nei momenti migliori, sono una gran cosa e dispiace non averli potuti vivere.
E’ troppo difficile per me raccontare qualcosa di così personale come “chi era Marco”.
Chi ha voluto farlo è lo stesso individuo che Marco definiva una “povera bestia” e che certe amiche hanno definito. “uno poco intelligente”, poiché le mie amiche sono educate e sensibili, ma i termini giusti. Sarebbero stati altri visto anche che è lo stesso essere che voleva staccarli la corrente dopo neanche mezz’ora che Marco si trovava al Pronto Soccorso…
Non riuscirei mai a fare un temino scolastico per poi recitarlo come un pagliaccio sgarbato di fronte a un pubblico di rincoglioniti, meglio non dire niente quando la propria fantasia si nutre di paure, insicurezze, avidità, senso di inferiorità…
Le gare ci annoiavano così tanto…
Una delle tante, tantissime cose che ci univano.
La competizione è roba noiosa.
Così come certi gruppi musicali che, per fortuna, Marco detestava e snobbava, quanto me.
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