Da qualche parte c’è un sentiero, che ormai conosciamo bene e che una volta ci ha fatto incontrare due giovani italiani, belli e sorridenti, due giovani degli anni ’40 del ‘900. Quel sentiero ci piace perché non è monotono e perché, alla fine, conduce a un piccolo cimitero di montagna. Non mi ricordo quando è stato il nostro primo 25 Aprile celebrato in questo modo, semplicemente camminando, facendo trekking, attraverso un largo sentiero che poi si fa più impegnativo e che è attraversato da almeno tre piccoli ruscelli. In ogni modo oggi possiamo dire che è diventata una “nostra tradizione”. La primavera in montagna non è ancora arrivata e, questa mattina, mentre camminavamo pioveva ma non aveva importanza; siamo riusciti a mettere insieme anche due piccoli mazzi di fiori, vincendo sull’iniziale imbarazzo poiché non siamo abituati a raccoglierli. Però, per Elio e Floris, una volta l’anno facciamo un’eccezione!
Quest’anno l’attesa del 25 Aprile mi dava un senso di ansia e tristezza, l’anno scorso è stato imbarazzante, quest’anno vergognoso. Il revisionismo storico sembra che abbia vinto, le bandiere di uno stato con marcate nostalgie naziste sono diventate degne di essere sventolate nelle piazze d’Italia, nel giorno in cui si ricorda l’Anniversario della Liberazione dal Nazifascismo. Questa celebrazione, per tanto tempo considerata una vera e propria festa, oggi proprio oggi 25 Aprile 2022 assume delle sfumature sinistre, preoccupanti e molto tristi.
Il (vergognoso) nazismo anti Russo ora vuol dire stare dalla parte giusta sicché, indossata una mascherina realizzata con derivati del petrolio, si scende per strada e si festeggia la Liberazione sventolando bandiere della pace accanto alle bandiere della Nato, bandiere rosse e bandiere giallo-blu insieme agli stendardi dell’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia. E allora non è solo perché non vogliamo, ma proprio non possiamo assistere a questo doloroso scempio, così ancora più motivati si sale in montagna, sotto la pioggia, tra fango e pietre, muschi vellutati e ruscelli dalle acque limpide, e poi qualche timido fiorellino giallo, molti bianchi, uno viola bellissimo che non abbiamo avuto il cuore di raccogliere. Camminiamo finché, tra le chiome degli alberi, appare il cimitero, dove sciogliamo il nodo che chiude il cancello e entriamo, in silenzio.
Eccoli, dopo un anno, i due partigiani che ogni volta mi sembrano più giovani, più bambini, sempre sorridenti, sempre con lo sguardo luminoso, pieno di speranze nonostante tutto. Quanto avranno fantasticato e desiderato il giorno in cui avrebbero potuto festeggiare la Liberazione della loro Patria? Mettiamo i due mazzolini di fiori selvatici tra le mani dei due angeli che fanno compagnia al ricordo di questi giovani partigiani.
Floris aveva 19 anni, Elio più o meno la stessa età. Entrambi uccisi dalla ferocia dell’oppressore tedesco, nessuno dei due ha potuto sventolare la bandiera della Libertà, forse senza colore, eppure mancava quasi un niente. Della loro storia sappiamo poco, quello che ci raccontano i loro volti, quello che ancora si può leggere sulle lapidi delle loro tombe. Resta poco di leggibile, troppe di quelle piccole lettere nere sono andate perdute nel tempo, sembra che nessuno abbia avuto cura di quelle due preziose testimonianze, di preservare in modo accurato la memoria di quelle due vite spezzate troppo presto, e per un motivo tanto nobile.
In tempi di certificazione verde (quell’abominevole ibrido tra la tessera del fascio e il tatuaggio dei campi nazisti) che cosa avrebbe dovuto fare l’ANPI? Forse per non creare troppo scompiglio verso le istituzioni e per, nello stesso tempo, non recare offesa a tutto quello che tale associazione dovrebbe rappresentare, avrebbero dovuto evitare il solito tran-tran istituzionale, il “come se fosse tutto normale, basta esibire il super GP” e organizzarsi, invece, per fare manutenzione; magari con un’attenta ricostruzione storica alle lapidi delle tombe di Elio e Floris e di tutti gli altri giovani e meno giovani che si sono sacrificati per regalarci tempi migliori e la libertà di scegliere con la nostra testa. Senza dimenticare i cippi commemorativi, spesso diventati quasi invisibili allo sguardo, e le lapidi che raccontano storie che troppo spesso non si riescono più a leggere. Invece…