Domnisoara Skal- cap.4 – romanzo

Le avventure di Domnisoara Skal

/2006/

(capitolo quarto)

Sua maestà illustrissima e veneranda il Conte Dracula.

/dal diario di Skal/

 

Il giorno seguente trascorse fortunatamente in modo tranquillo. La neve era caduta copiosa e il mio spirito sembrava essere tornato luminoso e pronto ha sapere sempre di più. Ero molto indecisa sul vestito che avrei dovuto indossare per quella sera. Anche se si trattava di una consultazione privata tra Emil, il conte Dracula e la sottoscritta, sapevo bene che avrei dovuto attraversare quella sorta di boudoir che era il salotto del conte, prima di giungere nel suo studio. Si trattava del salotto mondano più stravagante e anticonformista degli ultimi cento anni, questo mi metteva in una certa agitazione e curiosità. Chissà chi vi avrei incontrato e, prima di tutto, chissà se sarei stata all’altezza. Per calmarmi e rendere il mio animo più predisposto ad affrontare i momenti che avrei vissuto e mettere da parte l’ansia mi preparai un bagno caldo con un infuso di artemisia annua e, rischiai di fare tardi all’appuntamento con Emil. Alla fine indossai un abito nero in stile impero, arricchito da una passamaneria con disegni orientali che avevo ricevuto in  dono da una cara amica modista, conosciuta a Parigi anni prima. Mi sentivo molto frivola e infreddolita mentre raggiungevo Emil già a bordo del nostro tassì.

 

Prima di varcare la soglia della sua singolare abitazione giusto qualche considerazione su Hilderic Densmore, meglio noto come sua maestà illustrissima e veneranda il Conte Dracula. Un apparentemente fragile e minuto uomo di mezza età (una mezza età molto avanzata oserei dire…), con due occhi grandi e incavati, e un modo di vestire oltremodo funereo: indossava solo sobri abiti di un nero assoluto, con mantelli drammatici e fuori moda. La sua casa era in pieno centro e, ovviamente essendo lui un architetto geniale e seriamente avant garde, era interamente di sua progettazione.

A dare il benvenuto ai suoi ospiti c’erano statue rappresentanti le divinità più disparate, da una Caer Iboemeith in forma di donna-cigno a un incredibilmente ben conservato Gwyn ap Nuad il dio dell’oltretomba, delle battaglie e dei morti. Inoltre possedeva una preziosa collezione di sarcofaghi etruschi ed egiziani, e una più dozzinale e, per i più discutibile collezione di bare, negli stili più disparati e, alcune, molto antiche. Non mancavano riproduzioni fedeli e gigantesche di croci celtiche, come la croce di Muiderach e quella delle scritture di Clonmacnoise. Mentre, in enormi vasi di cristallo, conservava la terra dei vari sepolcreti che aveva visitato in giro per il mondo conosciuto. Uno scheletro del tutto ricostruito indicava gentilmente la direzione da seguire per raggiungere il padrone di casa. Il salone in cui era solito intrattenersi con i suoi ospiti era dei più sfarzosi e barocchi, ma nonostante questo pesava un certo gusto oscuro che trasformava il barocco in gotico e il gotico in farsesco. A cominciare dai tendaggi in pesante velluto rosso sangue e i quadri, da lui stesso dipinti, che rappresentavano il macabro sangue del suo sangue, dato che la modella, figurata in varie pose da eroina dell’orrore e dell’assurdo, era sempre la figlia del conte, niente meno che Vittoria Rossa dei Dracula. Quello che a me interessava di più di quel personaggio illogico era la profonda conoscenza storica dei fatti più misteriosi e delle sue capacità divinatorie che, era l’opinione di Emil, sarebbero state utili nel portare a compimento le nostre ricerche e la mia “missione”.

 

Come avevo immaginato il salotto, illuminato da candele nere e bianche (poiché una delle regole più severe della vecchia religione è “non accendere mai una candela nera se non insieme a una bianca”) e profumato dalle erbe preparate dalla baronessa S. (di cui verserò un po’ di inchiostro più avanti). In questa singolare atmosfera si trovava riunita una nutrita schiera di personaggi davanti al cui cospetto non potevo che sentirmi una microscopica, insignificante ragazzina che si era appena svegliata con il capriccio di scrivere mesti raccontini dell’orrore. Avrei voluto mettermi a piangere e scappare via, ma Emil non mi avrebbe mai perdonato.

 

Vittoria Rossa indossava l’abito più bello mai visto e, i suoi occhi azzurri, chiarissimi, brillavano come due pietre preziose sulla carnagione coperta di opaca cipria bianca e sui capelli neri, lunghi e diritti come il velo di seta sul capo di una vedova. Il suo era uno sguardo squilibrato e le sue labbra sembravano trattenersi a stento nel ferire con i denti qualcuno alla sua portata; una vera vampira non avrebbe potuto essere più affascinante. La baronessa S. era un personaggio glorioso almeno per me! Sono cresciuta divorando i suoi romanzi, i feuilleton nel quotidiano della domenica, in cui fragili e tristissime fanciulle erano imprigionate in torreggianti manieri. Storie che erano state le mie compagne di tante notti senza sonno e ora… Ora era lì! Nella stessa stanza in cui il mio muscolo cardiaco rischiava per l’ennesima volta di impazzire. La baronessa indossava seta e pizzo nero, i suoi occhi erano ardenti e curiosi com’è giusto che siano gli occhi di una ricercatrice di mistero.

 

Fortunatamente il conte, senza tanti preamboli, ci condusse nel suo studiolo personale. Una stanza illuminata quanto bastava per non sentirsi completamente immersi nelle tenebre. Alle pareti c’erano graziosi dipinti di gusto bucolico, ben fatti e di grande valore ma difficili trovarli in sintonia con il mondo del conte Dracula. Libri da ogni parte, sul suo tavolo c’era una copia del De Magia Naturali di Giambattista della Porta, se non erro risalente agli ultimi anni del 1500, insieme ad altri libri di magia più o meno luminosa (questo per me fu molto consolante). Ci aggiustammo su una comoda ottomana color mammola, un po’ impolverata e iniziammo a rileggere lo scritto di Omar…

CRONISTORIE DELLA FAMIGLIA RULIKOWSCKY

Resoconto imparziale di Omar

(servo umile e fedele)

Tradotto dall’arabo da Emil de Laszowska

 

I volti cerei dei principi Rulikowsky sono diventati la triste normalità, ormai ho perduto ogni speranza che in questa vita possa apparire una parvenza di serenità. Ho pianto di nascosto tutte le mie lacrime per la sorte di questa nobile, e non solo per titolo, famiglia; ma oggi posso solo rassegnarmi. Le mire delle famiglie più potenti dei locali signorotti presto distruggeranno questo triste mondo e, dopo non so cosa ne sarà di tutti noi…

(…)

Quello che temevo si è avverato. Con un misero stratagemma l’istitutore si è impadronito di alcuni documenti e di molti titoli che il principe avrebbe dovuto proteggere per il futuro di Simina. Ogni cosa per lui ha perso valore. Simina passeggia ogni sera, poco dopo il calare del sole, lungo il torrente. Qualcosa è cambiato nell’aria.

(…)

Non piove da settimane eppure in città il fiume è in piena. La sua corrente violenta trasporta tronchi di alberi e forse legname di qualche naufragio. Non so perché, ma questo mi fa rabbrividire…

(…)

Anche il regime del piccolo torrente, che attraversa la nostra proprietà (nostra ma ancora per quanto…)e tanto caro a Simina, ha cambiato aspetto; forse a causa della piena del fiume cittadino, anche se non ci sono apparentemente collegamenti tra i due; in ogni caso la corrente sta rapidamente allargando il letto del fiume. Questa sera non potrò limitarmi a seguire Simina di nascosto ma dovrò starle molto vicino e forse impedirle di avvicinarsi all’acqua, cosa che fa abitualmente…

(…)

 

 

In questo punto il manoscritto originale s’interrompeva, o meglio, al posto della fedele cronaca di Omar c’erano strani disegni e simboli che interessarono molto al conte Dracula. Dopo alcune pagine in cui erano visibili strane cancellature e macchie che vagamente ricordavano  sangue rappreso, il racconto di Omar ricominciava nella sua parte più incredibile, la calligrafia non era più quella sicura e curata, ma incerta e affrettata.

 

CRONISTORIE DELLA FAMIGLIA RULIKOWSCKY

Resoconto imparziale di Omar

(servo umile e fedele)

Tradotto dall’arabo da Emil de Laszowska

 

 

Le tenebre sono calate per sempre.

(…)

Quella sera, come previsto, chiesi a Simina il permesso di accompagnarla durante la sua passeggiata. La fanciulla appariva in uno stato di tranche e le mie parole l’attraversarono senza suscitare interesse alcuno. Nonostante il sole fosse già tramontato in cielo, troneggiava una Luna piena, la tredicesima Luna, a illuminare tutto. Il terrente rifletteva la luce lunare e questa permetteva di assistere a quella fiumana che corrodeva le sponde del canaletto. Tenevo Simina per mano e faticavo per impedirle di avvicinarsi a quella corrente violenta, in ogni caso la nostra escursione proseguì per molto in modo regolare. Tuttavia mancava ancora poco affinché, per noi, tutto mutasse per sempre.

(…)

C’eravamo oramai inoltrati nel bosco, la Luna con i suoi raggi filtrava a malapena e, degli ululati in lontananza rendevano quel luogo spaventoso anche per me, eppure Simina animata da una forza sovrumana continuava imperterrita, cercando chissà cosa… Arrivammo nei pressi di una cavità, non conoscevo bene quel luogo, anche in pieno giorno c’era qualcosa che suscitava inquietudine, una strana energia che avvertivo debolmente, forse senza rendermene conto. Lì il torrente iniziava il suo percorso sotterraneo e, prima di essere inghiottito dalle profondità della Terra, creava una specie di piccola pozza, che ormai si era notevolmente allargata. Per Simina quel luogo sembrava molto familiare, con passi decisi si avvicinò all’imboccatura della grotta e si chinò…

(…)

Per un po’ le restai vicino con l’intento di non farle correre pericoli, data la poca luce e la mia inconsapevolezza non mi accorsi di niente di strano ma, quando le sentii pronunciare la parola “madre” mi avvicinai ancora di più per cercare di allontanare Simina da quel luogo che alimentava la sua pazzia ma, qualcosa mi gelò il sangue…

(…)

Non c’erano dubbi, in quelle acque, impigliato a un albero caduto, c’era un corpo. Una veste bianca si muoveva con la corrente e un raggio di Luna, filtrato chissà come dalla fitta vegetazione, illuminò il sorriso di Simina. Allontanai la principessa dalle sponde e trovando l’energia chissà dove afferrai quel corpo fluttuante e lo portai a riva.

Ancora oggi non lo credo né possibile né reale, ma quello era il corpo perfettamente conservato della principessa Elisabetta, la madre di Simina, scomparsa tra i flutti di un mare lontano molti anni prima.

Era matematicamente impossibile che quello fosse il corpo della madre della fanciulla, eppure… Lo stato in cui si trovava era strabiliante: perfettamente conservato, come se avesse emesso l’ultimo respiro solo un attimo prima.

(…)

Simina accarezzava quel volto senza vita e cercava di ordinare i capelli scomposti, ancora di quel brillante castano pieno di bellezza; per lei non c’era niente di strano o innaturale in tutto quello. Continuava a ripetere a bassa voce la parola “madre” e sorrideva come non l’avevo vista farlo da anni…

Quasi mi sentii sollevato quando Simina, dopo qualche tempo, si accorse anche di me. Ora mi stringeva la mano con le sue piccole mani fredde, e mi ringraziava per aver strappato quel corpo dalle acque del torrente, ma ovviamente il mio stato era dei peggiori.

Trovai il coraggio di sistemare nel migliore dei modi colei che tanto somigliava alla principessa Elisabetta, allontanandola dalle sponde. Dopo strappai con molta fatica Simina da quel luogo.

Per tutto il tragitto continuava a guardare in direzione del luogo in cui avevamo lasciato il cadavere, nonostante fosse docile come una bambina.

Cercai il principe Zygmunt e lo trovai nel suo studio, in piedi di fronte al ritratto della moglie. Gli raccontai i fatti, in modo confuso e frettoloso; non so cosa lo mosse, se un’apatica fiducia in me o un sentimento più sanguigno, fatto sta che mi seguì senza spendere una parola o un giudizio.

(…)

Quando arrivammo nei pressi della grotta, in cui il torrente sprofondava il suo corso, mi accorsi immediatamente che qualcosa era cambiato: il corpo era scomparso, il principe conservò la sua pacatezza, io cercai a lungo, inutilmente, finché non lo trovai il principe Zygmunt vicino alla riva a osservare silenzioso un cigno nero, arrivato da chissà dove, che nuotava con eleganza in quelle acque inquiete e misteriose….

 

Il conte Dracula alzò lo sguardo dal manoscritto e sospirò. Mi appariva come un maestro paziente che, arresosi all’ignoranza dei suoi discepoli, deve svelare con una vena d’imbarazzo una banale soluzione. Si alzò e girottolò un po’ per la stanza, riflettendo su qualcosa o forse su niente. Emil ed io restammo in silenzio, poi…

“E’ incredibile come la mente umana sia capace di creare mondi paralleli, bellissimi e spaventosi allo stesso tempo”.

“La vicenda in cui vi trovate immersi e una delle pagine più oscure della nostra città, in cui ancora oggi regnano come regine incontrastate la superficialità e uno sfrenato desiderio di potere”.

“Un tempo, precisamente all’arrivo di questa sventurata famiglia, la situazione era molto drammatica”.

E qui si fermò. Si avvicinò alla finestra, scostando le tende, e alzò gli occhi verso un cielo assolutamente buio. Dopo di che si voltò verso di noi con animo fosco; il mio respiro era agitato come se avessi fatto una lunga corsa, la curiosità e una certa visione macabra mi tenevano sulle spine.

“La Luna potrà esserci utile per entrare in contatto con quel mondo parallelo che ancora sopravvive nel nostro, apparentemente tranquillo, parco pubblico”.

“Per l’esattezza sarà la tredicesima Luna, chiamata la Luna Blu, la stessa di cui Omar parlava nel suo manoscritto”.

 

(le avventure di Skal continuano…)

 

 

“Figura di Donna” o “Ritratto di Violette” 1920, Enrico Lionne

 


I MISTERI DELLA CAMPAGNA PISANA

Scampagnata di inizio autunno, destinazione: Montebicchieri. Carrellata di fotografie, molto spesso controsole, in ricordo di un giorno bellissimo di ottobre. In buona compagnia, in giro per le ancora calde colline pisane, e con la promessa di una buona merenda.

Questo luogo, a me sconosciuto fino a poche settimane fa (e di questa scoperta devo ringraziare tantissimo la mia cara amica e omonima: Serena!) si trova nel comune di San Miniato: Montebicchieri si presenta come un piccolo agglomerato di case modeste, immerse nella campagna. La strada che vi porta costeggia oliveti e boschi di bambù, che separano alla vista i campi un tempo coltivati; su tutto domina la villa-castello di Montebicchieri (che entra di diritto nella mia lista di “castelli pisani”), e la chiesa, in cui trovano posto le tombe di alcuni membri della famiglia Banti, che acquistarono il castello nel XIX secolo.

Montebicchieri, citato per la prima volta in un atto della Certosa di Calci il 3 agosto 1199, si sviluppa nell’alto medioevo accogliendo di abitanti del Castello di Vetrignano, distrutto il 16 agosto 1173 dalle truppe dell’Arcivescovo di Magonza, vicario imperiale di Federico I.

Fu subito conteso tra Firenze, Pisa e San Miniato. Conquistato nel 1322 da Castruccio Castracani per conto dei pisani, ritornò a San Miniato nel 1329 ma poi, sfortuna volle, che cadesse nuovamente sotto i fiorentini nel 1371.

Divenne poi “fortilizio di famiglia” dei Compagni. In età contemporanea il piccolo villaggio subì il fenomeno dello spopolamento e dell’abbandono alla vita legata al lavoro agricolo. Oggi è completamente disabitato. Negli anni ’60 del ‘900 contava ancora 23 abitanti.

Per me questo muto testimone della società contadina, in cui affondano le radici di tutti noi, è stata una preziosa pausa dal mondo odierno, opprimente e troppo spesso contronatura, una vera e propria vacanza nel tempo e nella storia.

Ora Montebicchieri riposa e lentamente decade, e come è giusto che sia, la Natura si sta riappropriando dei suoi spazi: meravigliosi sono gli insetti che popolano i giardini spontanei nati sulle pietre di fronte alle vecchie case. I fantasmi di queste persone si aggirano per i campi incolti, liberi finalmente dalla fatica; ogni tanto con rispetto andiamoli a trovare, hanno ancora tanto da raccontare e, forse, qualcosa da insegnarci.

E ricordatevi di portare una buona merenda toscana!

 

Grazie di aver letto fino a qui!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *